San Pietroburgo. Dodici anni fa.

“Spero che la lezione che ho fatto oggi” dice Alexei Vazhin “Vi abbia aperto gli occhi su come funzionino le vie del potere e di come a volte non si possa prevedere dove andranno a finire”.
C’è un lieve applauso, poi lentamente la folla di studenti comincia a uscire dall’aula. Vazhin recupera i suoi appunti, poi nota un giovane studente che sembra attendere pazientemente che gli venga concessa udienza.
Vazhin lo accontenta. “Sì? Dimmi”.
Lo studente tende la mano. “Compagno Vazhin, sono molto felice di conoscerla. Sono il compagno Menikov e la sua lezione di oggi è stata per me… illuminante. Ho capito che voglio dedicarmi anch’io a ciò che fa lei”.
“Non te lo consiglio” ribatte lui “Le notti insonni, le decisioni difficili, le lotte intestine… quelle non fanno per te o per nessun altro”.
“Sono sicuro che dice questo perché vuole tenersi aggrappato alla sua posizione di potere”. Vazhin rimane scioccato e sorpreso dalle parole del ragazzo, soprattutto dalla assoluta sincerità con cui le ha pronunciate. “Ha letto di quello che succede negli Stati Uniti?”.
“Negli Stati Uniti succedono molte cose”.
“Tutti questi… strani superesseri che stanno emergendo. C’è persino un gruppo che dichiara di potersi occupare delle minacce più grandi, che nessuno potrebbe affrontare da solo, i Vendicatori. In Russia non abbiamo nulla del genere. Non ci sono veri eroi da quando Lebedev, il primo Guardiano Rosso, è scomparso dalle scene. Ci rendiamo solo ridicoli proclamando la nostra presunta superiorità e mandando pagliacci come la Dinamo Cremisi contro di loro”.
“Hai molto coraggio a pronunciare queste parole, rischi grosso”.
“Dico solo ciò che penso. Non dovremmo fare qualcosa anche noi? Creare la nostra versione dei Vendicatori? Ridurremmo la criminalità ai minimi termini!”.
“Non posso che ammirare la tua fierezza, compagno Menikov, però temo che i tempi non siano ancora maturi. Ora però devo lasciarti, ho un meeting tra poche ore”.
Vazhin comincia a salire le scale che portano all’uscita quando Menikov richiama la sua attenzione a metà strada. “Sentirà ancora parlare di me, compagno Vazhin, un giorno. E quel giorno metterò in pratica ciò che le ho detto oggi. Vedrà”.

LA RIVOLUZIONE DI OTTOBRE - PARTE 6
di FABIO VOLINO
Editor: GIUSEPPE FELICI

 

Leitkov. 27 ottobre.

“Venite a me, eroi, venite” dice l’Ameridroide.
La Guardia d’Inverno lo accontenta, ma prontamente l’androide reagisce. Lancia la sua replica dello scudo di Capitan America, che falcia gli eroi. Stella Nera ha la peggio e perde i sensi, Vanguard, il Guardiano Rosso e Tigre Siberiana si rialzano prontamente, Blonsky rimane immobile.
Dekker non perde tempo: unisce le mani e con esse colpisce il terreno ai suoi piedi. Le tremende onde d’urto conseguenti investono i componenti del gruppo, che vengono scaraventati all’indietro. Lontano dalla scena, Blonsky non ne subisce gli effetti e rimane immobile.
L’Ameridroide recupera lo scudo. “Siete venuti qui per sconfiggermi? Per proteggere gli innocenti? Il primo obiettivo è impossibile, nel secondo fallirete miseramente”.
Dekker lancia nuovamente lo scudo. Blonsky sa già cosa sta per accadere: quello scudo colpirà un edificio che è di fronte a lui, macerie cadranno e seppelliranno la madre e il bambino che sventatamente sono lì sotto. Immagini riappaiono nella sua mente, altre immagini di un passato dimenticato, dove una madre e la sua bambina vennero uccisi sotto i suoi occhi dall’orientale che lo ha torturato. Tocca a lui la parte dell’eroe stavolta, se la vorrà accettare. Sì, tutto questo passa nella sua mente in una frazione di secondo. L’adrenalina inizia a pompare nelle sue vene. Blonsky si lancia al salvataggio delle due persone. Come previsto, lo scudo colpisce un edificio e, mentre torna tra le mani del suo proprietario, macerie precipitano al suolo. Blonsky copre col suo corpo la madre e il bambino, poi i detriti sommergono tutti e tre.
“Il vostro primo compagno è caduto” dice l’Ameridroide, avvicinandosi agli altri eroi della Guardia d’Inverno e alzando le mani a pugno sopra la sua testa “Ed ora cadrete anche voi”.

Nuova base della Guardia d’Inverno.

Il presente a confronto col passato: le due persone che hanno adottato l’alias di Unicorno nella stessa stanza. L’originale, Mylos Masarik, e il mutante dal nome sconosciuto che ne prese il posto qualche tempo dopo. Entrambi prigionieri, entrambi ad una svolta della propria esistenza.
“Quello che accadrà ora sarà una lotta per la sopravvivenza” dice Vladimir Menikov “Uno di voi morirà, l’altro erediterà il suo potere. In ogni caso questo paese guadagnerà un fedele servitore e perderà uno spietato criminale… un ottimo risultato”.
I due, legati a dei macchinari e i loro poteri inibiti, decidono di non replicare.
“Proceda, dr. Orekhov”.
Seppur esitante, lo scienziato attiva i macchinari. Alla fine i due Unicorno finalmente parlano, gridando con tutte le loro forze per esprimere il loro dolore. Dopo l’iniziale attimo di paura, inizia una lotta di volontà, per prevalere e guadagnare ancora qualche giorno di vita al servizio di un uomo apparentemente assetato di potere.
“E questo non è omicidio?” chiede Orekhov.
“Certo che lo è” risponde Menikov “Entrambi hanno sulle loro teste una condanna a morte passata in giudicato. Noi stiamo solo eseguendo la sentenza”.
I macchinari si spengono improvvisamente, la lotta ha avuto termine con l’unico risultato possibile.
“Ha prevalso Masarik, vero?” chiede Menikov. Orekhov annuisce. “Ora lo rivestiremo di un’armatura contenitiva che incanalerà il suo potere raddoppiato, un potere che se sfruttato troppo rischierà di ucciderlo. Da ora in avanti è Powersurge”.

Leitkov.

L’Ameridroide cala il suo pugno. Sarebbe morte certa, ma nella sua avventatezza e non conoscenza dei poteri del gruppo, sceglie come sua prima vittima Vanguard. Che reagisce prontamente. Incrocia le staffe in suo possesso e Dekker si rivede rispedito l’attacco al mittente: stavolta tocca a lui compiere un volo all’indietro con doloroso atterraggio. Si rialza, ma il Guardiano Rosso lancia il suo scudo e lo colpisce ad un ginocchio costringendolo per un istante ad inginocchiarsi.
“Ora, Ursa Major!” grida l’eroe.
Mikhail Ursus, arrivato sulla scena, cala da un tetto e con un’artigliata alla guancia sinistra riesce a infliggere la prima ferita all’Ameridroide, che tecnicamente non dovrebbe nemmeno sanguinare. Tocca poi a Tigre Siberiana: seppur Stella Nera sia ancora priva di sensi, il suo istinto animale lo guida in battaglia, verso il vero nemico da combattere. E coloro che due giorni fa erano avversari, ora si ritrovano alleati a dimostrazione che il mondo supereroistico è molto, molto soggetto a cambiamenti improvvisi.
Tuttavia l’Ameridroide ha una resistenza che Ursa Major e Tigre Siberiana possono a malapena scalfire e così con una ampia manata li rispedisce all’indietro. Vanguard viene travolto da Lavrov e perde anche lui i sensi. Ursa Major finisce contro una parete di un edificio, che si rovescia su di lui intrappolandolo, ci vorrà un po’ di tempo per liberarsi.
“Sei rimasto in piedi solo tu” dice Dekker rivolgendosi al Guardiano Rosso “E sai bene di non poter fare nulla. Non è rimasto più nessuno in grado di competere con me”.
In quel momento le macerie che avevano sommerso Blonsky hanno come un sussulto e un istante dopo Abominio riemerge da esse. Tra le sue braccia la madre e il bambino, salvati dal fatale impatto dalla sua imponente massa. Abominio li posa a terra e loro finalmente fuggono via. Poi Blonsky si volta verso l’Ameridroide, gli punta un dito contro e dice:”Ora ti spacco”.

In una piccola città dal nome insignificante vive un uomo di nome Valeri Sovloyev. Quest’uomo è molto malato, secondo coloro che lo conoscono: crede infatti di essere la reincarnazione di un dio di nome Perun. Dice di aver salvato questo paese dalla fine per mano di un essere dalla testa fiammeggiante. La sua famiglia ha risposto a questo proclama abbandonandolo.
Solo, Sovloyev è caduto nella depressione e non più in grado per qualche ragione di trasformarsi in Perun (perché poi tanto spaccone non è), ed è stato posto in congedo illimitato. Vladimir Menikov ha esaminato il suo file ma, constatato il suo stato attuale, ha deciso di non degnarlo di considerazione.
Sovloyev si aggira per la città, per vie deserte, sembra che l’intera popolazione abbia deciso di abbandonarlo, lasciandogli come unico compagno la sua presunta follia. Vaga senza una meta, forse ad un certo punto i suoi piedi si stancheranno e tornerà indietro, o forse no, forse camminerà fino a quando crollerà a terra e allora si trascinerà con le braccia, forse camminerà fino alla sua morte.
Solo che ad un tratto Sovloyev avverte qualcosa nell’aria, qualcosa che non avvertiva da diverso tempo. Una sensazione familiare. Finalmente! Finalmente glielo farà vedere a tutti che non mentiva, che lui è davvero la reincarnazione del dio Perun. Tuoni e fulmini volteggiano attorno a lui, che non mostra alcuna paura. E la trasformazione avviene.

Leitkov.

Abominio balza contro l’Ameridroide e gli sferra un pugno al volto. Tanto rapida è stata l’azione di Emil Blonsky da non consentire al criminale di difendersi o parare l’attacco col suo scudo. Tanto forte è stato il colpo che perde l’equilibrio nuovamente e crolla a terra. Abominio non molla la presa e continua a sferrare pugni al suo possente corpo androide con ibridazioni umane installate in tempi recenti da Arnim Zola.
Dekker era un uomo disperato, cercava disperatamente un modo per morire, incapace di accettare la sua disumanità. C’era un grande piano concepito dal Teschio Rosso, ma lui non volle prendervi parte e chiese in cambio che si ponesse fine alla sua esistenza. Cacciato, venne ritrovato dal genetista folle che, dopo avergli promesso di poter soddisfare il suo desiderio, lo sottopose a così tante sofferenze che per alcuni istanti Dekker sperò che la sua agonia sarebbe finita prima del previsto.
Così non fu. Quando riaprì gli occhi, scoprì di essere di nuovo nella sua forma umana, quella di Lyle Dekker. Poi però il suo corpo cambiò nuovamente e si ritrasformò nell’Ameridroide. Pieno di ira, si scagliò contro Zola, il quale però non si scompose un istante. Gli disse di averlo posto di fronte ad una scelta: con una scienza nota solo al genetista tedesco, Lyle Dekker poteva passare dalla sua forma umana a quella androide quando avrebbe voluto. Poteva morire subito, dopotutto il corpo umano è così fragile, oppure tornare a quella gloria di un tempo, quella gloria che gli consentì di essere il primo a ritrovare il corpo di Capitan America, anche se nessuno gli ha mai reso merito di questo.
Dekker non replicò e se ne andò. Vagò per il mondo, fino a ritrovarsi in una cittadina insignificante di nome Leitkov. E prese allora la sua decisione: se ne sarebbe andato in un lampo di gloria, distruggendo quella nazione che aveva disonorato il suo Reich. Le sue abilità di spia non erano venute meno col tempo, era a conoscenza dei supersoldati russi voluti da Stalin. Manipolando molte persone, scatenò questo male sul mondo, ma fallì una prima volta. Oggi è il giorno in cui Dekker capirà se i suoi sforzi sono serviti a qualcosa.
Reagendo prontamente, l’Ameridroide sferra un pugno ad Abominio e lo scaglia lontano. E prima che possa rialzarsi, compie anche lui un balzo atterrando a piedi uniti sullo stomaco di Blonsky, che sputa sangue verde dalla bocca. La tempesta di pugni che ne segue è così violenta che il Guardiano Rosso non può fare a meno di intervenire. Ma l’Ameridroide è pronto e se ne libera facilmente con una manata: l’eroe trattiene l’impatto col suo scudo, ma scivola via anche lui.
Dekker alza le mani al cielo trionfante. “Ve l’avevo detto. Vi ucciderò tutti, poi distruggerò questo maledetto paese!”.
“Devi ancora uccidere me!”.
L’Ameridroide si volta e si ritrova di fronte allo sguardo determinato e carico d’ira di Stella Nera.

Nuova base della Guardia d’Inverno.

Katrina Bulikova posa le sue mani sulla fronte della catatonica Elena Ivanova e comincia a concentrarsi.
“Mi raccomando” le dice Menikov “La presenza di questa donna era imprevista, ma può rivelarsi un ottimo elemento”.
“La invito a fare silenzio”.
Katrina è una delle poche persone, anzi l’unica, che non teme il tono autoritario del nuovo capo del F.S.B. “Sì, c’è ancora attività in lei, una strana energia che riesco a percepire, anche se adesso è molto debole. Provo a…”.
C’è un feedback invisibile tra le due donne, che crea un legame per un istante indissolubile. Un legame che le costringe a urlare all’unisono, con un suono che non sembra provenire da questo mondo. Istintivamente, Menikov compie un passo all’indietro.
Poi l’urlo cessa e Katrina allontana le sue mani. Elena Ivanova riapre gli occhi dopo lo shock subito e... fiotti di energia nera attraversano le sue pupille.
“Ora è di nuovo… in forze” è il commento di Katrina Bulikova.
“Perfetto” afferma Menikov “La useremo per coordinare i vari elementi della Guardia d’Inverno e rintracciare le minacce più sfuggenti. E le daremo il nome in codice di Esper”.
“Devo andare ora” dice Katrina “C’è l’ultimo elemento da reclutare”.
La donna apre un portale, ma prima che scompaia si dirige da Menikov. “E lei deve liberarsi subito di un problema. Alexei Vazhin”.
“Vazhin?”.
“Sì, lo sa bene che lui non mollerà mai la presa. Lo conosco, è troppo determinato e potrebbe ricorrere ad ogni mezzo, ogni mezzo, per riacquisire la sua posizione. Deve essere tolto dalla scacchiera”.
“Lasci che ci pensi io a questo. Ora vada. E, maggiore, in questi pochi giorni il suo contributo è stato determinante per le sorti del paese. Il Presidente e gli altri ministri mi ha dato l’autorità di promuovere le mie persone sul campo. Quindi lei da questo momento in avanti è il Comandante Bulikova e ogni accusa che pendeva sulla sua testa è stata ritirata”.
Katrina attraversa il portale. “Saprò dimostrarmi degna di questa fiducia” sono le sue ultime parole.
Una volta scomparsa, Menikov sorride soddisfatto. Liberarsi di Vazhin? Davvero lei pensava che non ci stesse già pensando? Che ingenua. L’ex capo del F.S.B ha già il destino segnato.

Leitkov.

Stella Nera lancia la sua sfida, ma l’Ameridroide non si dimostra preoccupato. “Sei solo una ragazzina, sei svenuta al mio primo attacco. Non sarai un problema”.
Sono le ultime parole che pronuncerà.
Laynia Petrovna emette spire di Forza Oscura dalle sue mani e le modella per formare una sorta di imbuto gigante, che cala poi sopra l’Ameridroide, oscurando la sua vista. La forma oscura viene stretta fino a che le fattezze di Lyle Dekker appaiono. Il criminale si dibatte, lotta perché solo ora, troppo tardi, ha compreso il pericolo rappresentato da Stella Nera. La ragazza si dibatte a sua volta, suda copiosamente, rischia di vacillare, tale è la forza di volontà, la voglia di distruzione della spia nazista.
La forma di Dekker infine si rimpicciolisce. Sempre di più. Sempre di più. Ma alla fine Stella Nera non ha più le forze e desiste. Quando il composto di Forza Oscura svanisce davanti a lei c’è solo un inerme umano di nome Lyle Dekker. Laynia sorride soddisfatta, poi si avvede di qualcuno alle spalle dell’uomo. Stremata, capisce cosa sta per accadere, ma non può intervenire, solo gridare.
“No, non farlo!”.
Il Guardiano Rosso non le presta ascolto. Lancia il suo scudo e con un colpo preciso decapita il criminale. Uno strano miscuglio di sangue rosso e nero fuoriesce dalla testa dell’Ameridroide. Il corpo, come preda di uno strano incantesimo, rimane in piedi ancora per alcuni secondi mentre la testa rotola via. Infine crolla. E un uomo folle di nome Lyle Dekker muore.

In una città dal nome insignificante, Perun grida soddisfatto la sua gioia al cielo. Non era pazzo, e ora lo dimostrerà a tutti! Tutti! Poi però avverte qualcosa, c’è qualcuno che si sta avvicinando a lui. L’eroe si mette in posizione difensiva, ma la persona che gli si para davanti gli fa subito capire di non avere cattive intenzioni. La sua posa è regale, le sue parole melliflue e incantatrici.
“Salute a te, Perun. Sono Loki di Asgard. E vengo a te ricolmo di gloriosi propositi”.

Leitkov.

Il Guardiano Rosso osserva compiaciuto la sua opera. “Questa è la fine che devono fare tutti i traditori”.
Stella Nera infine si rialza e gli si avvicina. “Non era necessario ucciderlo, l’avevamo praticamente sconfitto!”.
“Vuoi farmi la predica, Stella Nera?” grida il Guardiano Rosso “Vuoi insegnare a me cosa è giusto e cosa è sbagliato? Tu che hai ucciso colei che aveva preso il tuo posto? Il tuo periodo negli Stati Uniti ha offuscato il tuo giudizio. Quel Lyle Dekker era un cancro per il nostro paese e io l’ho estirpato per sempre”.
“Tu dici di agire per il bene comune, ma in realtà provi piacere solo a infliggere sofferenza e ad umiliarci! Non sei degno di indossare quel costume!”.
Il Guardiano Rosso è tentato di sferrarle uno schiaffo, ma si trattiene. “Sofferenza? Umiliazione? Pensi davvero che io non conosca il significato di queste parole? Come pure solitudine? Io le conosco molto bene, invece, e proprio perché so cosa vogliono dire sono in grado di prendere quelle decisioni che tu non prenderai mai”.
“Menti e lo sai. Hai indosso quel costume solo da pochi giorni e ti circondi di parole che non capisci”.
“Pochi giorni? Davvero?”.
In un impeto di rabbia, il Guardiano Rosso si sfila la maschera per guardare in faccia la donna. Di nuovo Laynia vede il suo volto, i segni e le cicatrici. In un primo istante, Stella Nera non lo riconosce ancora, poi infine capisce chi è. Sì, alcuni tratti fisionomici sono cambiati, ma è indubbiamente lui… e non sa perché prova vergogna per ciò che ha appena detto.
Gli altri eroi riprendono i sensi, Ursa Major si libera dalle macerie e il Guardiano Rosso si rimette la maschera. Notano la tensione nell’aria, oltre alla scena di morte che si para davanti ai loro occhi.
“Sorella mia, cosa è successo?”.
Vanguard dovrà attendere per avere una risposta, poiché un secondo dopo un portale oscuro si apre davanti a loro e ne esce, con loro enorme sorpresa, l’ennesimo fantasma del passato di questi ultimi giorni.
Katrina Bulikova avanza verso di loro con fare deciso.

Note: L'ultimo numero di The Others a portare la mia firma, prima di questa saga, fu il 24, con la conclusione della saga dei Red. Come ho detto avevo in mente una terza storia e mandato alcune righe di soggetto, ma decisamente era doveroso che i personaggi proseguissero con altri.
Questo infatti accadde nei quattro numeri successivi della serie. Il nr. 25 prese solo l'intelaiatura della mia trama (anzi, neanche quella forse, comunque venni ringraziato nei credits) e diede il benvenuto al nuovo compare di Carlo Monni, il destinologo Fabio Furlanetto. Protagonista assoluto (non c'era da dubitarne) il Guardiano d'Acciaio. Esordio nel nostro universo infine di Aleksandr Lukin, ricordatevi questo nome. Personalmente non mi interessa molto importare personaggi post-MIT creati da sceneggiatori Marvel, ma ammetto che il tutto ha anche un suo fascino.
I successivi due numeri cercarono di sistemare il macello che avevo combinato, riportando sulla scena l'originale Stella Nera e ricollegandosi anche alla prima trama ideata. Mi piacque soprattutto la caratterizzazione di Perun, che mi ha convinto a portare avanti un discorso con lui anche in questa nuova saga. Quando lessi la prima volta queste storie (tra le poche finora lette durante il mio periodo sabbatico) non feci caso a una cosa. Poi, in uno di quei momenti in cui la tua mente è in sintonia con l'Universo (ovvero, quando stai per metterti a dormire), mi convinsi che Katrina Bulikova non poteva essere morta definitivamente. "Sì, va beh, rassegnati! D'accordo che è un tuo personaggio, ma questo vorrebbe dire tornare a scrivere! E poi mica puoi rinnegare tutto, è logico che fosse posseduta da Dormammu!". Così mi dissi e lasciai perdere per un po' la cosa... ah, dormii anche di gusto.
Passarono molti mesi e poi, come un coniglio dal cilindro, partorii due nuove storie MIT (una delle quali sarebbe apparsa un anno dopo): ancora oggi devo scoprire la precisa molla, chissà, forse è stata la lettura di quelle due storie. Che infatti mi ritornarono in mente, così come la mia trama originaria e soprattutto come doveva concludersi. E soprattutto mi convinsi che Katrina Bulikova non poteva essere eliminata in quel modo, le storie precedenti l'avevano reso ben chiaro. Quasi senza accorgermene (la solita frase ad effetto!) buttai giù i primi due capitoli. Quando iniziai c'era la neve fuori, ora mentre scrivo queste Note c'è un caldo assassino, come potete vedere è stato un parto narrativo molto complicato.
Queste nuove storie non intendono rinnegare nulla di quanto scritto in mia assenza, quelle altre storie sono state narrate e solo i pessimi scrittori farebbero finta che non siano mai accadute. Io non sono uno scrittore, dunque sono anche più facilitato. Nell'ultimo capitolo vi racconterò alcuni dietro le quinte di questa nuova saga.

Finalmente... CONTINUA E FINISCE